Il progetto

sabato 22 ottobre 2011

La battaglia di Franca Viola per il figlio

Non smette di ripeterlo un attimo. «La fede in Dio, quella può aiutarci». Fu grazie alla fede che Franca Viola, quarant'anni fa, trovò la forza di dire «no» al matrimonio riparatore. Con la stessa energia, dice, da due mesi, incessantemente, accudisce il figlio di 41 anni, malato.
Prega, Franca
Viola, nella cappella della Madonna dell'Ospedale Cervello di Palermo. In tutto questo tempo ha preferito dedicarsi alla famiglia vivendo ad Alcamo, nel Trapanese, lontano dai riflettori di tv e giornali. E anche ora che chiede aiuto, non approfitta neanche per un attimo del suo «nome», che non è solo entrato nella storia, l'ha scritta. La donna che cambiò l'Italia col suo coraggio ha il volto dell'umiltà, la voce pacata, i tratti del viso leggeri, che sembrano intatti rispetto a quelle foto in bianco e nero che l'hanno raccontata in tutti questi anni. Lei, simbolo del riscatto della condizione femminile, a metà degli anni Sessanta era appena maggiorenne, ma fu capace di dire «no» al matrimonio riparatore innescando quella rivoluzione culturale che portò nel 1981 all'abolizione di una norma, secondo la quale il reato di violenza carnale poteva essere cancellato sposando il proprio aguzzino. Un gesto che ancora oggi, a 64 anni, la donna definisce «normale». E sì, perché Franca amava un altro, Giuseppe Ruisi, con cui alla fine si sposò, «perché bisogna sempre dare ascolto al cuore». Franca Viola è divenuta l'eroina di ogni generazione. Fu ricevuta da papa Paolo VI, la sua vita fu raccontata in un film e persino il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, le ha reso omaggio lo scorso marzo, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia. Lei che ha aiutato chissà quante ragazze col suo gesto, oggi ha bisogno di sostegno. Suo figlio è ricoverato all'ospedale Cervello ma ogni giorno, da oltre una settimana, fa la spola col Policlinico, dove viene curato nella camera iperbarica. «Per lui quel viaggio quotidiano è una grande sofferenza - dice Viola - credo sarebbe opportuno trasferirlo per evitargli ancora dolore». Mario La Rocca, manager del Policlinico, è stato chiaro: «Sono i vertici dell'azienda dove è ricoverato a chiedere il trasferimento del paziente, per il resto non ci sono impedimenti di alcun genere». In un primo momento «non erano risultati posti liberi», racconta Franca Viola. Ieri, nel pomeriggio, la situazione sembrava essersi sbloccata. «Pare stiano predisponendo il trasferimento - dice - speriamo avvenga quanto prima». E così Franca Viola ritrova il sorriso, segno di una speranza sempre viva. E ripensa a quei giorni di quarant’anni fa, a come è cambiata la società. «Oggi è tutto diverso, tutto dovrebbe essere più facile - dice - penso ai movimenti antimafia e credo che dovrebbe essere più facile per tutti dire no a ogni forma di illegalità. Guardo ai giovani e ai mille problemi legati alla crisi economica e alla mancanza di lavoro. Devono avere fede e non perdere mai la speranza che le cose possano migliorare». Così, Franca Viola, nella quiete di un pomeriggio d'autunno, torna a pregare, in silenzio. Franca Viola all'Ospedale Cervello.


Articolod el Giornale di Sicilia del 22 ottobre 2011



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